venerdì 29 aprile 2016

In fuga per ricominciare tutto a Lisbona: il doc sugli italiani espatriati

Ringraziamo la segnalazione a ROBERTA ZEZZA.

http://bologna.repubblica.it/cronaca/2016/04/27/news/lisbona-138591601/




I bolognesi Massimiliano ed Elisa, Michele musicista di Rimini, e tanti altri: venti vite raccolte in "Lisbon storie"

di LUCA BORTOLOTTI
                 
BOLOGNA - È una fuga dall’Italia, una fuga anche da Bologna, ma portandosene dietro un pezzetto. Ci sono anche Massimiliano ed Elisa, ex proprietari di un bar a Bologna e che a Lisbona hanno aperto un locale dedicato al poeta del Pratello Roberto Mastai, o il musicista riminese Michele Mengucci, in “Lisbon storie”, primo docufilm sulla comunità degli emigrati italiani nella capitale lusitana.

Girato in tre anni da Daniele Coltrinari, Luca Onesti e Massimiliano Rossi, “Lisbon storie” lo scorso 7 aprile è stato presentato in anteprima al festival portoghese dedicato al cinema italiano “8 ½”, e racconta le storie di baristi, architetti, artisti, coreografi, venti persone che hanno scelto di lasciare l’Italia per vivere a Lisbona. Tra loro ci sono Massimiliano Fantini ed Elisa Tonelli, ex proprietari del Vanilia in via del Pratello, che a fine 2014 hanno inaugurato nel Bairro Alto la Tasca Mastai. La dedica, per chi vive a Bologna e bazzica quell’ecosistema a sé che è il Pratello, è chiara: Roberto Mastai, il poeta che girava tra i locali della zona a dedicare versi scritti sulle tovagliette di carta, scomparso nel 2013 e a cui è intitolato anche un angolo all’incrocio di via Pietralata.
 “Un artista naif, poeta e grande amico che se n’è andato improvvisamente e ha lasciato un vuoto tropo grande. Del nostro sogno di venire a vivere a Lisbona ne parlavamo già assieme a Roberto quando ci veniva a trovare al Vanilia, così abbiamo deciso di portare qui anche lui, ora che può viaggiare con noi”, raccontano Massimiliano ed Elisa dalla Tasca Mastai. Da dove spiegano la loro exit strategy da Bologna, una città “di cui ci eravamo stancati, che negli ultimi anni ha avuto una implosione agghiacciante, soprattutto per chi fa il nostro lavoro, fatto di comunicazione, dello stare in mezzo alla gente”, commentano con un po’ di amarezza. “Ci siamo accorti che passavamo le serate a parlare di quanto tutto va male, i portoghesi hanno un approccio più positivo – continuano –. Eravamo stati altre volte a Lisbona, poi abbiamo deciso di trasferirci definitivamente: se ci stai un po’, capisci cos’è la saudade, perché quando te ne vai stai male”. Dietro a ciò c’è anche una questione geoclimatica, per così dire. “A Bologna ho vissuto 40 anni, è meravigliosa, i suoi portici sono belli, ma fanno anche sì che tu non veda mai il cielo: qua c’è un cielo immenso che vivi in ogni momento, tornato a Bologna mi sembrava di non uscire mai di casa”.

Nel documentario si racconta anche Michele Mengucci, musicista riminese che da anni vive a Lisbona e a lungo ha suonato nei locali di Bologna,
“dove facevo musica brasiliana, poi sono arrivato in Portogallo e mi sono messo a fare musica italiana, perché suonava esotica”, racconta. Ma in venti anni a Lisbona ha trovato la sua dimensione artistica, un genere che definisce “afrotuga”, a metà tra ritmi lusitani e africani. “Io canto così perché nei fadisti vedo la Napoli anni ’50, una musica che arriva da crisi e miseria, gente che, come me, vola basso ma vola”.

1 commento:

. ha detto...

muito obrigado! agradeço à nossa querida Roberta: um artigo interessante: vamos todos mudar de Roma para Lisboa?